Lettera aperta a...Pindemonte 

Tratto dal libro "Oltre l'illusione" - Edizioni Mediterranee


Premessa

Più che Dio ad aver fatto l'uomo a Sua immagine e somiglianza, è vero il contrario.

L'esistenza della Divinità è sempre stata un argomento che ha interessato l'uomo di ogni epoca. Tutti si sono domandati se Dio esiste: dal raffinato filosofo al selvaggio. Qualunque sia stata o sia la risposta certo è che nessuna idea in proposito è così soggettiva come quella della Divinità. Partendo dalla naturale intuizione di ognuno che qualcosa esiste oltre ciò che appare, si sono accumulate nei tempi quell'insieme di opinioni, ad uso e consumo dei popoli, chiamate religioni. Ciò che la filosofia può dirci sulla Divinità, pur contenuto sul filo della stretta logica, o è troppo estraneo al cosiddetto "creato" da risultare pura astrazione, o ne fa tanta parte da acquisirne la natura finita e mutevole.

L'idea che qualcosa esista oltre ciò che appare è il concetto della Divinità ridotto ai minimi termini; così, sfrondato da tutti gli apporti soggettivi, non può che trovare unanimità di adesioni anche presso i cosiddetti atei e la scienza positiva.

Per scoprire la vera natura di ciò che non fa parte della realtà della quale siamo a conoscenza, dobbiamo partire dal concetto base della Divinità, liberarci di tutte quelle sovrastrutture create per spiegare un mondo sconosciuto con la sola metrica di quello che ci è consueto.

Infatti, tanti secoli di pensiero religioso, filosofico e scientifico hanno dimostrato che le ipotesi sull'esistenza e sulla natura di Dio, formulate secondo la metrica umana, non sono capaci di conciliare la realtà di un mondo in continuo divenire con un'idea della Divinità che sia accettabile, che non abbia nulla, cioè, da doversi spiegare ricorrendo all'allegoria per renderla logica e quindi credibile.

Non interessandosi, perciò, di tutto quanto gli uomini nei tempi hanno sognato della Divinità, viene qui proposto il concetto di un Dio Assoluto, seguendo il quale si perviene alla scoperta che la Realtà che esiste oltre ciò che appare è del tutto diversa da quella che l'uomo suppone.

Forse perché la Verità non è supponibile, fino ad ora si è potuto credere in Dio solo per un atto di fede, mentre il concetto della Divinità è essenzialmente logico, anche se di una logica che va al di là della consuetudine umana.

Le comunicazioni che seguono hanno lo scopo di condurvi sulla linea di un nuovo orizzonte, per farvene conoscere la bellezza e la Verità, dal quale è finalmente comprensibile ciò che per l'uomo è sempre stato impenetrabile mistero.

Ogni concezione della vita non prettamente materialistica distingue l'uomo dal suo corpo fisico. Infatti se si ammette che alla morte del corpo l'"essere" sopravvive, una tale distinzione ne è logica conseguenza.

A ciò noi aggiungiamo che non si deve nemmeno identificare l'"essere" con la sua psiche, cioè col nucleo delle sue sensazioni e dei suoi pensieri, perché come il corpo fisico viene abbandonato alla fine di ogni incarnazione - e ciò porta a distinguere l'"essere" dal suo corpo - altrettanto è del nucleo delle sensazioni, o corpo astrale, e del nucleo dei pensieri, o corpo mentale.

L'"essere" è il pensatore, il percepiente. Per noi l'"essere" è la coscienza, intendendo con ciò molto più dell'autoconsapevolezza, più del sub-cosciente, più della coscienza morale. E' il nucleo del "sentire" acquisito nelle varie incarnazioni che non viene mai perduto ma vieppiù ampliato. Per noi l'"essere" non ha la coscienza, l'"essere" è coscienza, è "sentire".

Ora, siccome la coscienza acquisita non viene mai perduta, l'"essere", oltreché poterlo identificare con essa, lo si può visualizzare in una teoria, una serie di "sentire" che va dall'atomo del sentire al sentire massimo.

Taluno chiama l'"essere" spirito, ego, sé, ecc., ciò ha un'importanza relativa. Importante è capire che l'"essere" non subisce un processo di accrescimento perché è già completo in sé. Sicché l'evoluzione non deve intendersi come divenire, perché il progressivo rivelarsi di un sentire più ampio, di una coscienza più vasta, è in realtà l'affermazione dell'esistenza dei vari sentire, i quali sussistono nel non-tempo al di là dell'apparente sbocciare e trascorrere, così come una parola scritta è letta lettera dopo lettera, ma in sé è un insieme che ha un suo significato legato alla sequenza delle lettere che la compongono.

Il Cosmo, intendendo con questa parola l'ordine dei mondi fisico, psichico e della coscienza, cioè degli esseri, si può convenzionalmente considerare in due zone che non sono diverse ubicazioni di spazi, ma diversi stati d'essere.

La prima zona comprende il mondo della percezione a sua volta costituito dal piano fisico, dal piano astrale e dal piano mentale, ossia da quelle aree non spaziali in cui hanno vita i corpi fisici, i corpi astrali ed i corpi mentali degli esseri.

La seconda zona comprende il mondo del "sentire", della coscienza, degli esseri intesi nel modo prima precisato. La prima zona esiste in funzione della seconda, in altre parole le esperienze del piano fisico suscitatrici di sensazioni, emozioni, pensieri, e viceversa i desideri, le proprie convinzioni ideologiche o di pensiero in senso lato che indirizzano l'esperienza, hanno come ragione d'esistere quella di rivelare, suscitare i sentire, la coscienza, che costituiscono l'"essere".

Inoltre, questa zona che costituisce il mondo fenomenico e della percezione che appare in continuo movimento, trasformarsi e divenire, è in effetti in condizione d'immobilità.

Questo stato delle cose è logica conseguenza della natura assoluta di Dio in cui non può esservi accrescimento, sequenzialità, estraneità, ma tutto non può che essere contenuto in condizione di Eterno Presente. L'intera Manifestazione cosmica che comprende l'emanazione ed il riassorbimento del Cosmo, è nell'Assoluto un atto che non ha sequenza.

E' nostro sentito proposito illustrare tutto ciò in modo e con parole più semplici possibile per rendere accessibile un punto di vista estraneo alla dimensione umana, ma che disvela com' è strutturato il Cosmo, sì da far intravedere la Realtà che è oltre l'illusione.




Conseguenze logiche del concetto di Eterno Presente

Odo i vostri pensieri, odo quello che voi cercate d'indovinare: "Che cosa Kempis risponderà? Sarà dell'opinione di non parlare di determinati argomenti quando ancora non sia ben delineata in noi stessi una giusta maturazione, oppure - fidando nella nostra facoltà e possibilità di seguirlo - si avventurerà per quei sentieri della Scienza divina nei quali ben poco sostegno è la logica, tenue guida la fede, ma solo la maturazione spirituale è sicura conduttrice?".

Che cosa è questa "maturazione spirituale", dal momento che lo Spirito, per Sua stessa Natura, è già maturo? Dal momento che lo Spirito, partecipe di Dio, non può né accrescersi né in qualche modo mutare? Che cosa è l'evoluzione per lo Spirito che non può evolvere? Che cosa è il futuro nell'Eterno Presente? Come è possibile parlare di cose così diverse?

Parliamo di Assoluto e di relativo. L'uno contiene l'altro, l'altro è emanazione dell'uno. Ciò che è nell'Assoluto e che non sia Assoluto - giacché l'Assoluto è Lui solo, ed E' Colui che E'- è relativo; ma ciò che non è Assoluto non può essere che diverso da Lui, in altre parole non possono esservi due Assoluti. Una logica valida per il relativo, non può essere altrettanto valida per l'Assoluto. Se noi per comprendere il relativo, giungiamo alla conclusione che il relativo ha un suo ciclo di vita che nasce e muore, non possiamo con lo stesso metro misurare l'Assoluto.

Così non possiamo parlare di "evoluzione", di teoria di "scorrere", quali noi siamo abituati a concepirli nel relativo, e con lo stesso metro a ricercarli e a ritrovarli nell'Assoluto.

Eppure il mondo del relativo è nell'Assoluto, eppure il relativo non è avulso dall'Assoluto, eppure il relativo non è un ente a sé stante dall'Assoluto. Non per nulla non abbiamo mai adoperato il termine "creazione", ma sempre "emanazione".

Tutto è nell'Assoluto. Un quadro, prima ancora che sulla tela, esiste molto spesso nella mente dell'artista, del pittore.

Eppure il pittore lo immagina in funzione di ciò che può realizzarsi, ed immagina un quadro con ciò che ha a disposizione.

Se voi pensaste ad una materia ed il vostro pensiero fosse così intenso da renderla concreta, cioè da materializzarla, e pensaste anche a certe leggi le quali producessero la cristallizzazione di quella materia, ebbene la materia si cristallizzerebbe, voi avreste creato un mondo e le leggi secondo le quali questo mondo prenderebbe una forma. La successione della cristallizzazione avverrebbe in funzione delle leggi che voi stessi avreste stabilite. Ma ciò non avrebbe importanza: nell'intimo vostro, nel vostro pensiero, tutto sarebbe egualmente presente e pensato nello stesso istante; sia la costituzione della materia, che il ciclo secondo il quale questa materia giungerebbe ad una cristallizzazione.


Nell'Eterno Presente tutto è presente in un medesimo istante eterno. Ciò che questo Eterno Presente origina per sua stessa natura, ha invece un ciclo di nascita e di morte; ma questa nascita e questa morte, e tutto ciò che è compreso da questa nascita a questa morte, è egualmente presente nello stesso istante nell'Eterno Presente e quivi è perciò immutabile. Pur tuttavia non può non esistere questo ciclo di nascita e di morte, perché se non esistesse non vi sarebbe L'Eterno Presente. Questo ciclo di nascita e di morte non è che la conseguenza logica, e non temporale, dell'Eterno Presente.

Chi ha orecchi intenda.


* * *


Nell'idea esiste la forma ed esiste la facoltà che questa idea, si traduca in forma. Senza l'idea non può esistere la forma e senza la forma l'idea poggerebbe sul nulla e tale non sarebbe.

L'idea è quella che è, perché esiste la possibilità che questa divenga forma. Se non vi fosse il tradursi in forma dell'idea, l'idea non avrebbe luogo a compiersi e non esisterebbe né forma, né idea.

                                                                                                                                                                                            F. M.


Nè caos, né caso

Adesso affrontate un argomento che richiede ancora uno sforzo maggiore, ma pure non è al di fuori della vostra portata purché lo si affronti con semplicità.

Se noi pensassimo all'Eterno Presente come alla pagina di un libro nel quale è raccontata una storia misteriosa, bellissima, non saremmo forse molto lontani. Per capire il senso il lettore deve però scorrere tutta la pagina, è vero! Ma la pagina del libro comprende - nell'insieme delle parole, delle lettere, della punteggiatura e via dicendo - questa storia meravigliosa. L'Eterno Presente è oltre questo, perché comprende la storia nel suo svolgersi e comprende le leggi per le quali la storia si svolge come è descritta.

L'Eterno Presente, come la pagina del libro, è senza tempo; ogni parola è presente nello stesso attimo eterno, così possiamo dire. Ma pure un movimento per il lettore esiste. Certo dire "il lettore" non significa escludere che qualcuno abbia la capacità di leggere tutte contemporaneamente le lettere insieme e capire egualmente la storia senza dovere scorrere riga su riga.

La storia c'è, è vero? Ma il lettore deve, ad un certo momento, iniziare dalla prima parola per giungere all'ultima.

Se L'Eterno Presente non ha tempo, l'Assoluto che comprende il Tutto e di cui L'Eterno Presente è condizione di "esistere" e di "sentire" - L'Uno-Assoluto - non ha quindi successione né logica né cronologica né di tempo, è vero? Come esiste il tempo? Da che punto comincia a nascere? Può esservi "qualcosa" che pur essendo esistente nell'Eterno Presente, prenda poi cognizione di esso? Meditate, figli. Tante sono le domande, ma tutte hanno una risposta.

                                                                                                                                                                                                DALI



Perché noi abbiamo bisogno di parlare dell'Eterno Presente? Forse - lo dico senza offesa di alcuno - per la vostra mentalità e la necessità di esservi utili in questo nostro insegnamento non v'era nessun bisogno di parlare dell'Eterno Presente. Parlando di Dio potevamo fermarci al concetto dell'Assoluto senza approfondire, senza portare in campo il concetto dell'Eterno Presente; avremmo reso più piana la comprensione, avremmo evitato molte complicazioni, molte amarezze, forse, a taluno.

Voi sareste stati appagati dal concetto della manifestazione e del riassorbimento che - badate bene - non è per nulla superato dall'Eterno Presente; che lo completa, che, se non si sente la necessità di conoscere altro, è di per sé esauriente. Ciò avrebbe comportato minore spreco di fatica da parte nostra e vostra. Ma il quadro generale, la Realtà che andiamo annunciandovi, avrebbe - anch'essa - avuto il suo tallone di Achille.

Avrebbe avuto il suo lato debole e sarebbe stata allo stesso livello degli altri sistemi filosofici, delle altre teologie che possono spiegare molte cose, ma che in fondo hanno un lato ed un punto, un quesito che non viene risolto. Anzi, che molte volte è in contraddizione con le premesse fondamentali.

Per questo motivo, trascinandovi forse vostro malgrado in campi del pensiero e più oltre, forse dell'intuito, che non vi sono consueti - o che non sono consueti alla maggior parte di voi - abbiamo voluto mostrarvi ciò che fa di questo insegnamento un insieme di Verità che sopravanzano, ripeto ancora, le filosofie più complesse e più complete, le teologie più filosofiche e più ragionate.

Fino a qualche anno fa la scienza non spiegava neppure con ipotesi le origini dell'Universo; ma la voce ufficiosa dei suoi figli diceva: "L'Universo può essere frutto del caso". Questo, oggi, non è più neppure pensato né ipotizzato, perché le ricerche di laboratorio, le esperienze della scienza, hanno inequivocabilmente dimostrato che tutto è regolato da un ordine immenso; che l'infinitamente piccolo è contenuto costituito ed esistente su leggi fondamentali in un ordine perfetto; che l'infinitamente grande è egualmente regolato da una perfezione matematica. In questo quadro di perfezione non v'è posto per il "caso". La creazione intesa come risultato di fortuite circostanze, anche se per assurda ipotesi realizzabile, sarebbe di sua stessa natura tanto caduca, effimera, da esistere solo per giungere al proprio disfacimento, conseguenza della sua origine fortuita. Niente "caso", quindi, né tanto meno "caos". Come parlare di "caos" in un quadro ove l'ordine regna sovrano? E che l'ordine regni sovrano non v'è dubbio.

Ogni uomo di scienza - visto che voi credete solo alla scienza - ve ne farà verace testimonianza.

In questo ordine delle materie, l'uomo solo appare il "gran disordinato", perché nel suo modo di agire, nella sua storia, non osserviamo quell'ordine che, invece, tanto abbondantemente è dimostrato nel creato. E' dunque possibile che in un quadro così ordinato di materie, l'uomo - figlio della materia, prodotto di un corpo nel quale l'ordine è ingenerato e in cui il disordine è anomalia - possa degenerare e regnare nel disordine? O piuttosto non è vero che questo apparente disordine non sia che l'attuazione pratica di un ordine che va al di là di ciò che appare?

Certo che in questo quadro ove è ordine, la vita dell'uomo, per quanto disordinata possa apparire, trova un suo giusto posto solo se questo disordine s'interpreta in funzione di un ordine più grande che dall'uomo stesso non può essere colto; che va al di là di ciò che l'uomo, con gli occhi ed i sensi del suo corpo fisico, può cogliere; che trascende ciò che l'uomo può umanamente congetturate. E di questo ordine noi, da molti dei vostri anni, andiamo parlando: di un ordine che solo un Dio può avere stabilito. Dico "avere stabilito" perché in questo momento ragiono come un uomo che non conosca niente dell'Assoluto, che non sia convinto dell'esistenza di Dio, ma che nello stesso tempo sia disposto a credervi, o ad accettare un'ipotesi che si sostenga sulla logica e che dia una spiegazione, per quanto difficile ma plausibile.

Se dunque questo ordine è stabilito da un Ente supremo, occorre che questo Ente sia Eterno, cioè non perituro. Occorre che questo Ente sia "completo". Che cosa vuol dire? Che non manchi di niente. Ecco perché vi abbiamo parlato del concetto dell'Eterno Presente.

Dio, nel cui seno si manifestassero e riassorbissero i Cosmi nei quali avessero vita individui come voi, sarebbe un Dio che spiegherebbe molte domande, che appagherebbe molti interrogativi, ma che avrebbe il Suo tallone d'Achille; che non sarebbe né completo né assoluto, se a Lui non si unisse il concetto dell'Eterno Presente, dell'immutabilità. Perché se un Dio deve esistere, deve esistere un Dio-Assoluto, e se un Dio deve esistere Assoluto, non può che essere Completo ed Immutabile. Ma per essere Completo ed Immutabile, niente può accrescersi a Lui stesso, niente può essere elemento che a Lui si aggiunga, che in Lui sia prodotto di una trasformazione. Tutto deve esservi in Lui. Ecco dunque perché Egli Esiste, E', in un Eterno Presente.

Il Suo "sentire" - che è un "sentire assoluto" - è un "sentire" che esiste nell'Eterno Presente.

"Meditate!". Ciò significa per voi applicarvi, rafforzare il richiamo di questi concetti ad essere compresi; significa assimilare queste Verità. Ma per questa assimilazione dovete rendervi consapevoli delle due dimensioni che non trovano accostamento: la dimensione del tempo con ciò che è senza tempo, che hanno un unico canale di collegamento attraverso al quale ciò che è nel tempo ha un senso e non diviene inutile farneticare di un Ente supremo ammalato di fantasie, ma essenziale "sentire" di un Tutto-Uno-Assoluto.

 

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