Lettera aperta a...Pindemonte 

Tratto dal libro "Le Grandi Verità" - Edizioni Mediterranee

Questa comunicazione è stata dettata da Dali perché fosse ascoltata al Congresso di Camerino, imperniato sul tema della Sopravvivenza, svoltosi dall'1 al 3 agosto 1980.

Sopravvivenza: problema indiscutibilmente aperto alla ricerca scientifica.

Chi non è d'accordo e afferma che la ricerca scientifica deve agire in altri campi,  tenga presente che limitare il campo di ricerca della scienza significa limitare la scienza stessa. Mentre la vera scienza  non deve conoscere aprioristiche preclusioni. Certo, d'altra parte, se i mezzi di indagine della ricerca scientifica si chiamano solo microscopio, è chiaro che essi non sono adeguati allo scopo.  

In altre parole, estendendo il problema, chi vi dice che ciò che voi osservate sia la Realtà? Quello che l'uomo conosce, scopre, è la Realtà oppure ciò che appare di essa? Credo che nessuno abbia difficoltà ad ammettere, anche senza fare un atto di fede, che dati i mezzi mediante i quali l'uomo conosce, dato il meccanismo umano del « conoscere» che si fonda sulla percezione, sicuramente ciò che l'uomo perviene a conoscere è solo un'apparenza della Realtà.

D'altra parte, la conoscenza basata appunto sulla percezione non può che dare questo risultato. La fredda strumentazione scientifica, concepita in modo da captare ciò che sfugge alle possibilità penetrative dell'uomo e trasformarlo in segnali raccoglibili da uno dei cinque sensi umani, non è probante in assoluto che ciò che viene osservato sia la Realtà e non invece un'apparenza di essa. Infatti la strumentazione scientifica non costituisce un accrescimento del numero dei sensi dell'uomo, mentre solo altre categorie di sensi potrebbero mostrare una realtà diversa.    

Si deve convenire, per esempio, che la sottile scia nebulosa che si osserva in una camera Wilson non è l'osservazione diretta della Realtà ma un fenomeno provocato da quella realtà ipotizzata dallo scienziato; ossia una prova quanto meno indiretta; se prova, perciò, può essere.

Non v'è nessuna prova provata scientificamente, valida in assoluto, dimostrante che la realtà sia quella che sembra essere e che viene ipotizzata dall'osservazione di ciò che appare.

Non solo: filosoficamente, a monte della conoscenza, sta il problema « se la Realtà sia conoscibile «; dilemma, questo, sul quale i filosofi si sono ampiamente sbizzarriti fino a negare, con l'idealismo post-kantiano, l'esistenza oggettiva della Realtà.

Certo se la Realtà, in sé, non esiste oggettivamente, non è possibile conoscerla.

Ora, ammettendo che la sopravvivenza esista, essa non può che far parte della Realtà - non dell'apparenza - altrimenti il problema della sua esistenza non sussisterebbe; ma se la sopravvivenza fa parte della Realtà che non appare, che sfugge cioè all'indagine dei cinque sensi umani e degli strumenti costruiti in funzione di quei sensi; allora la ricerca scientifica, che tra i suoi mezzi di indagine non annovera altre possibilità di conoscenza che vadano oltre quelle sensorie ordinarie, non potrà mai dare una risposta certa. Perciò occorre stare bene attenti, perché si potrebbe dedurre che l'indagine ha dato esito negativo, cioè la sopravvivenza non esiste, quando invece non si avevano i mezzi adatti per indagare.  

Ma più che entrare nel vivo, nel merito del problema, desideriamo rivolgerci a tutti quelli che sono interessati al problema della sopravvivenza ed al riguardo, hanno un'opinione. 

Il giusto modo di credere

Voi, che credete che la sopravvivenza sia un fatto dimostrato e dimostrabile, state attenti a non costruire su questa certezza un'altra religione nel senso deteriore della parola.

Sia il credere in modo certo alla sopravvivenza un motivo per andare incontro agli uomini fraternamente, perché questo è il sentire che la certezza nella sopravvivenza deve recare seco.     Anche il credere nella sopravvivenza può avere degli aspetti negativi: può, per esempio, far perdere all'uomo il senso dell'importanza della vita terrena; oppure condizionarlo con la paura del castigo divino tanto da farne un tepido; peggio ancora, tanto da metterlo in mano a coloro che dell'invisibile si dicono intermediari per plagiarlo e sfruttarlo.

Il giusto modo di credere nella sopravvivenza è quello che dà serenità, voglia di vivere, di operare; è quello che fa realizzare se stessi ora, nel presente, nella vita che state vivendo.    

Voi che pensate, invece, che la sopravvivenza sia un fatto incerto, indimostrabile, o che non vi credete affatto, sappiate che nell'economia delle cose siete tanto utili quanto i più accesi sostenitori dell'immortalità dell'essere; ma non sentitevi autorizzati ad improntare la vostra vita al più cieco materialismo, alla sensualità più spinta, dando importanza ai soli beni materiali e alle sole sensazioni fisiche.

Il giusto modo di agire.

Il non credere alla sopravvivenza può essere un fatto positivo quando serva a concentrare tutti gli sforzi sull'indagine priva di condizionanti tabù, ma con un solo intento di migliorare le condizioni di vita del mondo terreno. Il credere che nulla esista dopo la morte del corpo può essere estremamente utile se spinge gli uomini ad unire le loro forze, ad essere solidali nella sventura che - secondo l'interpretazione materialistica - il caso cieco e crudele rovescia su di loro; quando li spinge a colmare quel vuoto, quel " nulla " che vi sarebbe al posto dello spirito, con qualcosa che dia un significato alla vita, la renda meritevole di essere vissuta, la riscatti dall'essere solo una polluzione della materia.

Credere che l'uomo muoia con la morte del corpo può essere positivo quando, pur senza la speranza che la vita abbia un significato trascendentale; cioè nella convinzione di finire di esistere; egualmente si riesce a lavorare  per un mondo migliore, per quelli che verranno e che non ci saranno grati del loro benessere.

La concezione materialistica, quella che nulla dà all'uomo per colmare la sua solitudine, diventa la concezione più spirituale che vi sia quando fa dell'uomo un essere che vive, che sente, in termini di rettitudine pur non avendo la speranza d'essere ricompensato in vite future. E in verità io vi dico che gli esempi più fulgidi di questo vero spiritualismo si trovano fra i materialisti. 

Invito alla responsabilità

A tutti voi, che credete e non credete, diciamo: non siate convinti d'essere i depositari della verità assoluta, e perciò non siate intolleranti; siate sempre disposti ad ascoltare chi non è della vostra stessa opinione. Guai a chi crede che non vi sia nient'altro che possa fargli rivedere le sue convinzioni; o, peggio ancora, a chi crede che non vi sia nulla di più importante di ciò che sa.

Non fate delle vostre convinzioni un pretesto per distinguervi e dividervi da chi non la pensa come voi. Non coalizzatevi con l'intento di avversare chi non è con voi, ma siate consapevoli che ciascuno rappresenta una parte di un tutto poliedrico e che ciascuno è unico e irripetibile nel Cosmo.     

Come in un organismo pluricellulare ciascun organo ha una sua funzione che lo distingue dagli altri, e tutti insieme non si combattono ma cooperano e interagiscono per l'equilibrio vitale dell'organismo stesso, così voi non fate dell'altrui diversità in senso lato - cioè non solo della diversità di opinione -  motivo di antagonismo, di condanna; ma sappiate vedere in chi è diverso da voi un complemento di voi stessi, perché in realtà ciascuno fa parte di un sol Tutto inscindibile.

Cercate di rappresentare nel miglior modo possibile la parte che siete chiamati a rappresentare, sì da non creare ostacoli a chi voglia riconoscersi in ciò che credete. Ad ognuno il suo compito, ed è importante che ciascuno lo svolga con l'unico scopo di arricchire la conoscenza dell'uomo e renderla il più aderente possibile alla Realtà oggettiva.

A tutti voi, credenti e non credenti, auguriamo di essere soprattutto in buona fede; di non essere portatori di interessi

faziosi od egoistici; di risvegliare le qualità migliori di chi avvicinate; di avere una chiarezza di idee tale da costituire un punto di riferimento per il pensiero dell'uomo; di giungere là dove siete attesi e necessari; di essere docili strumenti del divino volere che tutti guida all'ampliamento della coscienza individuale; di capire che in realtà non vi sono né debbono esservi vinti o vincitori ma solo persone che, con la loro fatica, col loro impegno, in buona fede, lavorano per riscattare l'uomo dall'ignoranza, dalla paura, dalla dipendenza e dallo sfruttamento e ne fanno un nuovo essere con un nuovo, meraviglioso sentire.

                                                                                                                                                                                                                      DALI                                                                                                                                

 

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