|   Quando Roberto nacque - il 7 novembre 1930 - io avevo quasi 
			undici anni, mio fratello Ruggero ne aveva appena compiuti nove. Fu 
			molto amato da noi fratelli, dalla mamma e dal babbo: via via che 
			cresceva, così aggraziato, mite e timido, si faceva amare da 
			chiunque lo avvicinasse. La sua è stata un'infanzia normale e 
			abbastanza tranquilla, almeno fino a dieci anni. Non eravamo ricchi, 
			ma la nostra casa era dignitosa e comoda e la mamma la teneva sempre 
			ordinata e pulita. Il babbo stava via tutto il giorno, un po' per il 
			suo lavoro, un po' perché amava più stare con gli amici che con la 
			sua famiglia. Solo da grandi ci siamo accorti che questo faceva 
			soffrire molto la mamma, ma a noi ragazzi bastavano il suo amore, il 
			suo equilibrio, le sue cure e non ci accorgevamo della poca 
			assiduità del babbo. 
 Ricordo certi pomeriggi quando la mamma si sedeva vicino alla 
			finestra con la scatola del lavoro e il bucato da riguardare e noi 
			tutti e tre intorno a lei. Io leggevo ad alta voce il libro “ Cuore 
			”, “ Il piccolo Lord ”.
 
 “ Senza famiglia ”, “ Il giardino segreto ”, “ Gian burrasca ” e le 
			novelle di Perrault e dei Fratelli Grimm. Roberto si commuoveva 
			molto alle storie tristi e se il finale non era lieto, dovevano 
			inventarlo lieto per lui.
 
 Era un bambino molto intelligente: aveva imparato a parlare molto 
			prima degli altri bambini della sua età. Andava d'accordo con tutti 
			i bambini del vicinato che venivano spesso a giocare con lui nel 
			giardino della nostra casa. Il rione di S. Jacopino, dove noi 
			vivevamo, era allora una periferia tranquilla: le strade sembravano 
			più larghe senza le auto in sosta e al posto delle file di alti 
			caseggiati di adesso, vi erano delle villette a un piano con il 
			giardino intorno.
 
 C'erano ancora diverse case coloniche con i campi e gli orti che 
			confinavano con l'argine del torrente Mugnone: i contadini 
			permettevano ai bambini del vicinato di giocare nei loro spiazzi 
			erbosi, purché non toccassero le viti e gli alberi da frutto. Nelle 
			sere d'estate, per le strade e nei giardini, volteggiavano centinaia 
			di lucciole: io e Ruggero ne prendevamo qualcuna e la mettevamo 
			sotto un bicchiere per Roberto, che era affascinato dalla misteriosa 
			luminosità di quei piccoli insetti.
 
 Quando iniziò ad andare alle scuole elementari, io lo accompagnavo 
			alla scuola Rossini; gli riguardavo i compiti, ma lui era molto 
			bravo e ha sempre saputo cavarsela da solo.
 
 Gli piaceva molto il cinema: quanti bei film abbiamo visto insieme: 
			“ Capitani coraggiosi ”, “ Le avventure di Tom Sawyer ” “ Biancaneve 
			ed i sette nani ”, “ David Copperfield ”, “ Oliver Twist ”.
 
 Anche quando mi fidanzai, a 19 anni, Roberto veniva fuori con me 
			perchè allora non si usava che i fidanzati uscissero soli.
 
 Il mio matrimonio coincise con l'inizio della guerra, ed io partii 
			con mio marito che era stato assegnato al Comando in Capo della 
			Marina a Taranto.
 
 Mio fratello Ruggero si sposò nel 1941 e partì subito per la guerra 
			come pilota aviatore. Così per parecchio tempo siamo stati lontani 
			da Firenze e Roberto rimase solo col babbo e con la mamma. Ho saputo 
			dopo che soffrì molto per questo distacco, anche perché - ora che 
			noi più grandi ce ne eravamo andati - certe intemperanze del 
			carattere di mio padre si erano fatte più evidenti. La mamma era 
			triste e trepidante per Ruggero sempre in pericolo sull'aereo. La 
			mia giovane cognata Franca viveva con i suoi genitori.
 
 Ma anche la guerra finì e ci ritenevamo fortunati di ritrovarci 
			tutti per ricominciare la vita normale. Ruggero e mio marito, che 
			non avevano aderito alla Repubblica di Salò, si erano iscritti al “ 
			Partito d'Azione ” e specialmente Ruggero s'impegno' subito 
			politicamente. Ricordo che nella primavera del 1946 era 
			occupatissimo nei preparativi delle prime elezioni che dovevano 
			decidere della Repubblica o della Monarchia. Mio marito aveva 
			ricominciato a lavorare come geometra all'Enel (allora Soc. 
			Elettrica del Valdarno); mio figlio Gilberto aveva quattro anni; la 
			figlia di Ruggero, Gabriella, due anni. Spesso ci riunivamo tutti 
			insieme e il nostro Roberto era molto fiero di essere zio fin da 
			quando aveva undici anni.
 
 A scuola continuava ad andare molto bene: il suo hobby era costruire 
			piccoli apparecchi radio a galena.
 
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